L’Alzheimer, o morbo di Alzheimer, è una malattia neurodegenerativa che colpisce principalmente le persone anziane e porta a un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive. Si manifesta con perdita della memoria, difficoltà nel linguaggio, problemi nell’orientamento e nel pensiero. Questa patologia è la forma più comune di demenza e rappresenta circa il 60-70% dei casi di demenza a livello mondiale.
L’Alzheimer si sviluppa lentamente, con sintomi che peggiorano nel tempo. Anche se la malattia colpisce più frequentemente le persone con più di 65 anni, esistono casi di Alzheimer precoce che possono manifestarsi prima di questa età. A oggi, non esiste una cura definitiva per l’Alzheimer, ma la ricerca sta progredendo per trovare trattamenti che possano rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti.
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Le fasi e i sintomi dell’Alzheimer
L’Alzheimer è una malattia progressiva, che si sviluppa in diverse fasi, ognuna delle quali comporta un peggioramento dei sintomi cognitivi e comportamentali. Generalmente, viene suddiviso in tre stadi principali.
1. Fase preclinica o iniziale
Questa fase può durare per anni prima che i sintomi diventino evidenti. Anche se il cervello sta già subendo cambiamenti, la persona potrebbe non mostrare alcun segno evidente di demenza. Ecco cosa la caratterizza.
- Accumulo di placche amiloidi e grovigli di tau (una proteina che si accumula all’interno delle cellule nervose) nel cervello.
- Problemi di memoria: all’inizio, la persona può avere difficoltà a ricordare eventi recenti, nomi o luoghi, ma riesce ancora a mantenere conversazioni e a svolgere la maggior parte delle attività quotidiane.
- Ripetitività: il soggetto può iniziare a ripetere domande o storie senza accorgersene.
- Perdita di oggetti: spesso la persona dimentica dove ha messo oggetti di uso quotidiano, come chiavi o occhiali.
- Confusione temporale e spaziale: la persona comincia a disorientarsi su luoghi conosciuti o fatica a ricordare date e orari.
- Sbalzi d’umore: ansia, irritabilità e depressione possono emergere, spesso legati alla consapevolezza delle proprie difficoltà cognitive.
2. Fase lieve o intermedia
I sintomi diventano più visibili e iniziano a interferire con la vita quotidiana. Ecco cosa accade.
- Disorientamento crescente: la persona può confondersi sul tempo, dimenticare eventi significativi o dimenticare dove si trova.
- Difficoltà nel linguaggio: trovare le parole giuste diventa più difficile, e la comunicazione può risultare più frammentaria.
- Perdita di autonomia: la persona comincia a dipendere dagli altri per le attività quotidiane, come vestirsi, lavarsi e cucinare.
- Cambiamenti di personalità: possono manifestarsi comportamenti insoliti, come sospettosità, aggressività o paranoia. Per esempio, la persona può pensare che qualcuno stia rubando i suoi oggetti o che il coniuge sia un impostore.
- Sindrome del tramonto (sundowning): spesso c’è un peggioramento dei sintomi cognitivi e comportamentali nel tardo pomeriggio o sera, con agitazione e confusione.
- Vagabondaggio: la persona può cercare di allontanarsi da casa o perdersi anche in ambienti familiari, a causa del disorientamento.
3. Fase grave o avanzata
Durante questa fase, la malattia compromette gravemente le capacità cognitive e fisiche della persona, rendendo necessaria una costante assistenza. Ecco i principali sintomi.
- Declino fisico: il controllo motorio diventa compromesso e la persona può diventare completamente dipendente per la cura personale, compreso mangiare, camminare e usare il bagno.
- Gravi difficoltà di comunicazione: il linguaggio si riduce o scompare del tutto. La persona può rispondere solo a semplici frasi o parole e, in alcuni casi, smette di parlare.
- Perdita della capacità di riconoscere familiari e amici: in molti casi il soggetto perde la consapevolezza del proprio sé e dei rapporti che ha con le persone che lo circondano.
- Apatia e isolamento: l’interesse per il mondo esterno diminuisce notevolmente. La persona può sembrare distaccata o non rispondere agli stimoli.
- Problemi di deglutizione: in fase terminale, la persona può avere difficoltà a masticare o deglutire il cibo, aumentando il rischio di malnutrizione e infezioni.
Comportamenti comuni nelle varie fasi dell’Alzheimer
- Ansia e agitazione: la persona può sentirsi spaventata o ansiosa a causa della confusione crescente e della perdita di controllo sulla propria vita.
- Apatia: spesso c’è una mancanza di interesse per attività che prima erano piacevoli o significative.
- Irritabilità: possono manifestarsi reazioni aggressive o comportamenti che non appartengono al carattere, specialmente quando la persona si sente confusa o frustrata.
- Cambiamenti nel ciclo del sonno: l’insonnia e i risvegli frequenti possono diventare un problema. Alcuni pazienti possono dormire durante il giorno e restare svegli di notte.
Le cause dell’Alzheimer
Le cause precise dell’Alzheimer non sono state ancora completamente comprese, ma si ritiene che la malattia sia dovuta a una combinazione di fattori genetici, ambientali e di stile di vita. Questi fattori influenzano il cervello nel tempo, portando alla degenerazione delle cellule cerebrali. Ecco una panoramica delle principali cause e dei fattori scatenanti dell’Alzheimer.
1. Fattori genetici
- Storia familiare: le persone con familiari stretti (genitori o fratelli) affetti da Alzheimer hanno un rischio maggiore di sviluppare la malattia.
- Mutazioni genetiche: alcune forme di Alzheimer precoce (prima dei 65 anni) sono associate a mutazioni in geni specifici, come i geni APP, PSEN1 e PSEN2. Tuttavia, queste mutazioni sono rare e rappresentano una piccola percentuale dei casi totali.
- ApoE4: il gene ApoE ha varianti che possono aumentare il rischio di sviluppare Alzheimer, in particolare la variante ApoE4, che è associata a un rischio più elevato della malattia.
2. Accumulo di proteine nel cervello
- Placche amiloidi: una delle caratteristiche dell’Alzheimer è l’accumulo di placche di beta-amiloide tra le cellule cerebrali. Queste placche interferiscono con la comunicazione tra le cellule nervose e contribuiscono alla loro degenerazione.
- Grovigli neurofibrillari: un’altra caratteristica è la presenza di grovigli di tau, come già detto una proteina che si accumula all’interno delle cellule nervose, interrompendo i normali processi cellulari e portando alla morte delle cellule cerebrali.
3. Fattori di rischio ambientali e stile di vita
- Età: il rischio di sviluppare l’Alzheimer aumenta notevolmente con l’età, soprattutto dopo i 65 anni.
- Traumi cranici: lesioni alla testa o traumi cranici gravi possono aumentare il rischio di sviluppare Alzheimer, soprattutto se ci sono stati più episodi di questo tipo.
- Malattie cardiovascolari: la salute del cuore e del cervello sono strettamente collegate. I fattori che aumentano il rischio di malattie cardiovascolari, come ipertensione, colesterolo alto e diabete, possono anche aumentare il rischio di Alzheimer.
- Scarsa attività mentale e fisica: uno stile di vita sedentario, con poca attività fisica o stimolazione mentale, è stato collegato a un rischio più elevato di Alzheimer.
4. Infiammazione e stress ossidativo
- Infiammazione cronica: alcuni studi suggeriscono come l’infiammazione a lungo termine nel cervello possa contribuire allo sviluppo della malattia.
- Stress ossidativo: il cervello è particolarmente vulnerabile allo stress ossidativo, che può danneggiare le cellule e accelerare il processo di neurodegenerazione.
5. Fattori scatenanti
- Infezioni: alcune ricerche recenti suggeriscono che infezioni virali o batteriche, come l’Herpes simplex virus, potrebbero giocare un ruolo nell’accelerare i processi neurodegenerativi.
- Sindrome di Down: le persone con sindrome di Down hanno un rischio significativamente più elevato di sviluppare Alzheimer in età avanzata a causa dell’extra cromosoma 21, che contiene il gene per la proteina beta-amiloide.
- Alimentazione scorretta: una dieta ricca di grassi saturi e zuccheri, associata a uno stile di vita non salutare, può aumentare il rischio di Alzheimer. Al contrario, una dieta equilibrata, come la dieta mediterranea, può ridurre il rischio.
L'Alzheimer è ereditario?
L’Alzheimer può avere una componente ereditaria, ma non tutti i casi sono legati alla genetica. La relazione tra ereditarietà e Alzheimer dipende in parte dal tipo di malattia, che può essere classificata in due categorie principali: Alzheimer sporadico (la forma più comune) e Alzheimer familiare (più raro e legato alle mutazioni genetiche).
Va anche detto che l’Alzheimer è il risultato di una complessa interazione tra genetica, stile di vita e ambiente. Fattori come una dieta sana, l’attività fisica regolare, la stimolazione mentale e il controllo delle malattie cardiovascolari possono aiutare a ridurre il rischio, anche per chi ha una predisposizione genetica.
I test genetici per l’Alzheimer
I test genetici per le mutazioni legate all’Alzheimer familiare possono essere eseguiti, ma sono generalmente consigliati solo a persone con una forte storia familiare di Alzheimer precoce.
I test per il gene ApoE possono indicare un rischio aumentato, ma non vengono utilizzati di routine per la diagnosi poiché non garantiscono se e quando la malattia si svilupperà.
Come si fa la diagnosi di Alzheimer
La diagnosi di Alzheimer è un processo complesso che richiede una valutazione approfondita dei sintomi, una serie di test e, in alcuni casi, l’esclusione di altre possibili cause di demenza. Attualmente, non esiste un test singolo che possa confermare con certezza la malattia di Alzheimer, ma la combinazione di diverse procedure diagnostiche permette ai medici di arrivare a una diagnosi accurata. Ecco i principali passaggi per la diagnosi.
1. Valutazione dei sintomi e della storia clinica
- Colloquio clinico: il medico raccoglie informazioni dettagliate sui sintomi del paziente, inclusi problemi di memoria, cambiamenti di personalità e difficoltà nelle attività quotidiane. Vengono anche presi in considerazione la storia clinica del paziente e la presenza di fattori di rischio familiari (ad esempio, casi di Alzheimer in famiglia).
- Sintomi cognitivi e comportamentali: il medico valuta la gravità dei problemi cognitivi (come difficoltà nel linguaggio, nell’orientamento e nel ragionamento) e i cambiamenti nel comportamento (come irritabilità o depressione).
2. Test cognitivi e neuropsicologici
- Mini-mental state examination (MMSE): è uno dei test cognitivi più comuni usati per valutare le funzioni cognitive del paziente. Misura la memoria, l’attenzione, la capacità di risolvere problemi e altre abilità cognitive.
- Montreal cognitive assessment (MoCA): è un altro test che valuta la memoria a breve termine, l’attenzione, le abilità linguistiche e l’orientamento. Viene utilizzato per rilevare forme precoci di declino cognitivo.
- Altri test neuropsicologici: possono essere usati per approfondire la valutazione delle funzioni cognitive in aree specifiche, come la memoria, il linguaggio, l’attenzione e le capacità motorie.
3. Esami del sangue e altri test di laboratorio
- Anche se non esistono analisi del sangue specifiche per diagnosticare l’Alzheimer, questi test sono comunque utili per escludere altre condizioni che possono causare sintomi simili, come infezioni, carenze vitaminiche (per esempio, della vitamina B12) o disturbi della tiroide.
4. Imaging cerebrale
Gli esami di imaging sono fondamentali per escludere altre patologie cerebrali (come tumori o ictus) e per osservare eventuali anomalie associate all’Alzheimer. Ecco i principali test di imaging.
- Risonanza magnetica (RM): viene utilizzata per osservare la struttura del cervello e rilevare l’atrofia delle aree cerebrali coinvolte nella memoria, come l’ippocampo, che è tipicamente colpito dall’Alzheimer.
- Tomografia computerizzata (TC): può essere usata per escludere altre cause di declino cognitivo, come lesioni o emorragie cerebrali.
- Tomografia a emissione di positroni (PET): questo esame avanzato può rilevare la presenza di placche di beta-amiloide nel cervello, una delle caratteristiche distintive dell’Alzheimer. Può essere utile nelle prime fasi della malattia.
5. Analisi del liquido cerebrospinale (CSF)
- Il prelievo di liquido cerebrospinale tramite una puntura lombare può aiutare a rilevare livelli anomali di beta-amiloide e proteina tau, marcatori tipici della malattia di Alzheimer. Questo esame non è sempre utilizzato, ma può essere utile nei casi più complessi o nelle fasi precoci della malattia.
Qual è l’aspettativa di vita di una persona con Alzheimer
L’aspettativa di vita di una persona con Alzheimer varia a seconda di diversi fattori, come l’età del paziente al momento della diagnosi, la salute generale e la fase in cui viene diagnosticata la malattia. In media, dopo la diagnosi, le persone vivono tra i 4 e i 10 anni, ma alcuni possono vivere fino a 20 anni o più. Ecco i principali fattori che influenzano l’aspettativa di vita.
- Età alla diagnosi: l’Alzheimer tende a progredire più rapidamente nelle persone anziane. Chi riceve una diagnosi dopo i 65 anni ha generalmente un’aspettativa di vita inferiore rispetto a chi sviluppa una forma precoce della malattia.
- Stadio della malattia: le persone diagnosticate nelle prime fasi, quando i sintomi sono ancora lievi, possono vivere più a lungo rispetto a quelle a cui viene diagnosticata la malattia in fase avanzata.
- Salute generale: la presenza di altre condizioni mediche (come malattie cardiovascolari, diabete o infezioni) può ridurre l’aspettativa di vita.
- Qualità delle cure: un’assistenza adeguata, sia medica che familiare, può migliorare la qualità di vita e aiutare a gestire i sintomi, ma potrebbe non influenzare drasticamente la durata della vita.
Va detto che alcune ricerche indicano che, dopo una diagnosi in fase precoce, una persona potrebbe vivere fino a 10-12 anni, mentre coloro che sono diagnosticati in una fase avanzata possono avere un’aspettativa di vita inferiore a 4 anni. Nella fase avanzata della malattia, la persona perde la capacità di eseguire compiti di base come mangiare, camminare o comunicare, diventando completamente dipendente dagli altri. Le complicazioni più comuni che possono ridurre l’aspettativa di vita in queste fasi includono:
- infezioni, come la polmonite;
- malnutrizione e disidratazione;
- piaghe da decubito dovute all’immobilità.
Le principali differenze tra Alzheimer e demenze senili
Caratteristica | Alzheimer | Demenza senile / vascolare |
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Causa principale | Accumulo di placche di beta-amiloide e grovigli di tau | Problemi vascolari, come ictus o danni ai vasi |
Sintomi principali | Problemi di memoria, linguaggio, orientamento | Difficoltà motorie, di ragionamento, sintomi oscillanti |
Progressione | Progressiva, con un declino lento e costante | A gradini, con peggioramenti improvvisi |
Età d’insorgenza | Di solito dopo i 65 anni, ma può anche essere precoce | Prevalentemente negli anziani con problemi vascolari |
Le principali differenze tra Alzheimer e Parkinson
Caratteristica | Alzheimer | Parkinson |
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Parte del cervello colpita | Ippocampo, corteccia cerebrale (memoria, pensiero) | Substantia nigra (controllo motorio) |
Sintomi principali | Problemi di memoria e linguaggio, confusione | Tremori, rigidità muscolare, bradicinesia |
Declino cognitivo | Uno dei sintomi principali, presente fin dall’inizio | Può verificarsi in fasi avanzate |
Sintomi motori | Assenti nelle prime fasi | Sintomo principale: tremore, lentezza nei movimenti |
Progressione | Graduale e incentrata sul declino cognitivo | Progressione più visibile nei movimenti, demenza in fase avanzata |
Cause | Placche di beta-amiloide e grovigli di tau | Carenza di dopamina dovuta alla morte dei neuroni dopaminergici |
Aspetti comportamentali | Cambiamenti di personalità, irritabilità, depressione | Depressione, ansia, disturbi del sonno, allucinazioni (nelle fasi avanzate) |
Cosa hanno in comune Alzheimer e Parkinson?
- Entrambe le malattie sono neurodegenerative: la degenerazione delle cellule cerebrali è un tratto distintivo sia dell’Alzheimer che del Parkinson.
- Fasi avanzate di demenza: sebbene l’Alzheimer sia caratterizzato fin dall’inizio da problemi cognitivi, anche il Parkinson può portare a demenza nelle fasi avanzate.
- Non esiste una cura definitiva: entrambe le malattie sono progressive e non curabili, ma esistono trattamenti per alleviare i sintomi.
- Fattori di rischio comuni: l’età avanzata è uno dei principali fattori di rischio per entrambe le condizioni.
Gestione del comportamento della persona con Alzheimer
La gestione del comportamento di una persona con Alzheimer è un aspetto cruciale per migliorare la qualità della vita sia del paziente che dei caregiver (coloro che se ne prendono cura). Le difficoltà cognitive e i cambiamenti comportamentali richiedono un approccio strutturato, paziente e flessibile. Di seguito un approfondimento sulle strategie per affrontare i comportamenti tipici nelle diverse fasi della malattia.
1. Creare un ambiente tranquillo e sicuro
Vivere in un ambiente sereno e prevedibile può aiutare a ridurre lo stress e l’ansia della persona affetta da Alzheimer, minimizzando il rischio di comportamenti aggressivi o agitati.
- Ridurre il rumore: evitare suoni forti o disturbanti (come la televisione ad alto volume), che possono aumentare la confusione.
- Illuminazione adeguata: assicurarsi che l’illuminazione sia sufficiente, soprattutto la sera, per ridurre la confusione e i rischi di caduta.
- Ambiente familiare: mantenere l’ambiente domestico il più familiare possibile, evitando di spostare troppo spesso gli oggetti. Le persone con Alzheimer possono avere difficoltà a orientarsi, quindi è utile mantenere un’organizzazione costante degli spazi.
2. Mantenere una routine quotidiana stabile
Le persone con Alzheimer possono essere disorientate dai cambiamenti. Una routine prevedibile aiuta a dare loro un senso di sicurezza.
- Pianificare attività quotidiane semplici e ripetitive: è meglio organizzare pasti, bagni e momenti di riposo allo stesso orario ogni giorno. Inoltre, è preferibile pianificare i compiti difficili al mattino, perché in molte persone con Alzheimer i sintomi peggiorano nel pomeriggio (fenomeno del sundowning), quindi è consigliabile svolgere le attività più complesse, come fare il bagno o visitare un medico, nelle prime ore della giornata.
- Flessibilità: sebbene una routine sia importante, essere flessibili e pronti a fare aggiustamenti in base al benessere e all’umore del paziente può essere di aiuto.
3. Dare supporto emotivo e rassicurazione
La persona con Alzheimer può vivere con ansia, paura o frustrazione a causa della propria perdita di memoria e capacità. Fornire rassicurazioni costanti può aiutarli a sentirsi più sicuri.
- Comunicazione chiara e rassicurante: parlare in modo lento e semplice, evitando di fare domande che richiedono una memoria a breve termine. Frasi come "Va tutto bene" o "Sei al sicuro" possono essere utili per calmare una persona con Alzheimer.
- Tono di voce tranquillo: la pazienza e un tono di voce rassicurante possono evitare di aggravare l’ansia o la confusione del paziente.
- Contatto fisico gentile: in molti casi, una carezza o un tocco gentile sulla spalla può essere rassicurante.
4. Gestire aggressività e agitazione
L’aggressività o l’agitazione sono sintomi comuni, specialmente quando la persona si sente frustrata o confusa. Affrontarli richiede una combinazione di strategie preventive e tecniche di gestione in caso di episodi acuti.
- Identificare i fattori scatenanti: prestare attenzione ai momenti o alle situazioni che precedono l’aggressività, come rumori, troppa gente intorno o attività complesse. Evitare o modificare queste situazioni può prevenire reazioni negative nel paziente.
- Distrarre e reindirizzare: se una persona si agita, cercare di distrarla con un’attività piacevole, come ascoltare musica rilassante, guardare vecchie fotografie o fare una passeggiata.
- Non confrontarsi: non cercare di discutere o contraddire il paziente, soprattutto se è in stato di agitazione. È preferibile cercare di deviare la conversazione su qualcosa di più piacevole.
- Stimolazione mentale e fisica: anche se le capacità cognitive sono compromesse, mantenere attivi mente e corpo può stimolarli, riducendo il declino e migliorando il benessere generale. Proporre puzzle, giochi da tavolo semplici o la lettura di libri brevi e chiari può essere utile. Semplici passeggiate, ginnastica leggera o esercizi di stretching possono migliorare l’umore e il sonno, oltre a mantenere attiva la muscolatura.
- Stimolazione sensoriale: l’ascolto di musica rilassante o la partecipazione a sessioni di terapia artistica (pittura, lavorazione con materiali morbidi) può ridurre l’agitazione e migliorare l’umore.
5. Prevenire il vagabondaggio
Il vagabondaggio (wandering) è uno dei comportamenti più pericolosi in chi soffre di Alzheimer, poiché la persona può allontanarsi da casa senza essere consapevole degli eventuali pericoli. Ecco cosa fare.
- Sicurezza in casa: installare serrature in posizioni difficili da raggiungere o utilizzare sistemi di allarme per porte e finestre per prevenire che la persona esca da sola.
- Tenere l’individuo occupato: spesso il vagabondaggio è il risultato di noia o frustrazione. Attività quotidiane, passeggiate e interazioni frequenti possono ridurre la tendenza a camminare senza meta.
- Monitoraggio costante: chi è a rischio di vagabondaggio deve essere sempre sotto la supervisione di un caregiver. Dispositivi GPS o braccialetti identificativi possono essere utili in caso di fuga.
6. Intervenire sui problemi del sonno
L’insonnia e i risvegli notturni possono essere comuni nelle persone con Alzheimer, specialmente nelle fasi intermedie e avanzate.
- Creare una routine serale rilassante: una routine serale rilassante, che includa attività calmanti come leggere o ascoltare musica, può facilitare il sonno.
- Evitare la caffeina e gli stimolanti: assicurarsi che la persona non assuma caffè o altre bevande stimolanti durante il pomeriggio o la sera.
- Evitare i sonnellini prolungati diurni: ridurre i sonnellini durante il giorno può aiutare la persona a dormire meglio di notte.
Alzheimer e demenze: supporto per i caregiver
Oltre alla gestione diretta del comportamento della persona con Alzheimer, è fondamentale che i caregiver ricevano il supporto adeguato, poiché gestire questi cambiamenti può essere fisicamente e mentalmente estenuante. Ecco alcuni suggerimenti.
- Partecipare a gruppi di supporto: partecipare a gruppi di supporto per caregiver può fornire consigli pratici e sostegno emotivo.
- Pianificare i momenti di riposo: è importante prendersi delle pause per evitare il burnout (un insieme di sintomi dovuti a una condizione di stress cronica e persistente, associata al contesto lavorativo). Affidarsi a servizi di assistenza temporanea o coinvolgere i familiari può essere utile.
- Puntare su formazione e consapevolezza: informarsi continuamente sui cambiamenti comportamentali del paziente con Alzheimer e su nuove tecniche di gestione aiuta i caregiver a sentirsi più preparati.
Alzheimer: le cure naturali di sostegno
Le cure naturali di sostegno, come erbe e vitamine, possono contribuire ad alleviare alcuni sintomi dell’Alzheimer e a promuovere il benessere generale della persona. Anche se non esistono cure naturali in grado di arrestare o invertire la progressione della malattia, alcune terapie complementari possono essere utilizzate per migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da Alzheimer.
Si ricorda però che, prima di introdurre qualsiasi integratore o erba nella gestione dell’Alzheimer, è essenziale consultare un medico o un nutrizionista, poiché alcune di queste sostanze possono interagire con i farmaci o causare effetti collaterali.
Alzheimer: erbe e integratori naturali utili
Di seguito alcune delle erbe e degli integratori che sono stati studiati per il loro potenziale ruolo nel supportare la funzione cerebrale.
- Ginkgo (Ginkgo biloba): tradizionalmente usato per migliorare la circolazione e potenziare la memoria, il ginkgo può aiutare a migliorare la funzione cognitiva e rallentare il declino mentale nei primi stadi della malattia. Tuttavia, l’efficacia non è stata confermata in modo definitivo.
- Rodiola (Rhodiola rosea): è ricca di polifenoli con proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. Alcuni studi suggeriscono che abbia anche un’azione neuroprotettiva, oltre a essere antistress e antidepressiva.
- Pervinca (Vinca minor): migliora la memoria e le funzioni cognitive perché aumenta l'afflusso di sangue al tessuto cerebrale. Può avere effetti positivi sul miglioramento delle capacità cognitive nelle persone con Alzheimer.
- Bacopa (Bacopa monnieri): è nota per migliorare la memoria e ridurre l’ansia. Studi preliminari hanno indicato che può potenziare le funzioni cognitive e avere un effetto neuroprotettivo.
- Ashwagandha (Withania somnifera): erba tipica della medicina ayurvedica, è nota per ridurre lo stress e promuovere la calma. Studi suggeriscono che potrebbe avere anche proprietà neuroprotettive, utili per la salute cerebrale a lungo termine.
Alzheimer: vitamine e grassi buoni indicati
Alcune sostanze naturali, reperibili anche negli alimenti comuni, come vitamine e grassi buoni, possono avere un impatto significativo sulla salute cerebrale. Ecco le principali, associate al supporto della funzione cognitiva.
- Vitamine del gruppo B (B6, B12, folati): sono fondamentali per la salute del cervello. Livelli adeguati di vitamina B12 e folati, per esempio, sono essenziali per prevenire l’atrofia cerebrale, una caratteristica comune nelle persone affette da Alzheimer. L’integrazione può rallentare il declino cognitivo, soprattutto se sono presenti alti livelli di omocisteina (un marker di rischio per malattie neurologiche, che si valuta con un esame del sangue). Si trovano soprattutto in prodotti di origine animale (gli unici a contenere la B12), in cereali integrali, legumi e anche in quantità più ridotte in verdura e frutta. Poiché le formulazioni possono essere molto diverse, se le assumi sotto forma di integratore, segui le indicazioni sulla confezione.
- Vitamina D: livelli bassi di vitamina D sono stati associati a un maggior rischio di declino cognitivo. L’assunzione di integratori di vitamina D può aiutare a mantenere la funzione cognitiva e migliorare l’umore nei pazienti con Alzheimer. Si trova in latte e derivati, olio di fegato di merluzzo, salmone, uova, funghi e alimenti arricchiti, ma il corpo la sintetizza a partire dai raggi solari. Poiché le formulazioni possono essere molto diverse, se la prendi sotto forma di integratore, segui le indicazioni sulla confezione.
- Vitamina E: è un potente antiossidante che può proteggere le cellule cerebrali dai danni ossidativi. Alcuni studi suggeriscono che l’assunzione di vitamina E possa rallentare la progressione dell’Alzheimer, anche se i risultati sono stati contrastanti. È però importante monitorare le dosi per non eccedere, poiché alte quantità possono aumentare il rischio di problemi cardiovascolari. È contenuta in oli vegetali, frutti e semi oleosi, germe di grano e lievito di birra, verdure a foglia verde. Come integratore si trova in perle o in gocce, da prendere seguendo le indicazioni sulla confezione.
- Omega 3: questi acidi grassi essenziali, presenti soprattutto nel pesce, come il salmone, e in integratori come l’olio di pesce, ma anche in noci, semi di chia e di lino e mandorle, sono essenziali per la salute del cervello. Possono ridurre l’infiammazione e migliorare la comunicazione tra le cellule cerebrali, rallentando potenzialmente il declino cognitivo. Li trovi in perle o in oli specifici (come olio di pesce o di krill), da assumere seguendo le indicazioni sulla confezione.
Altri approcci naturali all’Alzheimer
Oltre alle erbe e agli integratori, esistono approcci olistici che possono contribuire a un miglior benessere cognitivo. Ecco i più comuni.
- Aromaterapia: oli essenziali come la lavanda, la melissa e il rosmarino vengono utilizzati per ridurre l’ansia, migliorare l’umore e favorire il rilassamento. L’inalazione di questi oli o il loro utilizzo per massaggi può aiutare a ridurre l’agitazione nei pazienti con Alzheimer.
- Terapia della luce: la terapia con la luce naturale o con luci speciali può essere utile per regolare i ritmi circadiani, migliorare i disturbi del sonno e ridurre i sintomi del sundowning, tipici dell’Alzheimer nelle fasi avanzate.
- Musicoterapia: può essere praticata in modo attivo (per esempio suonando uno strumento, cantando, battendo le mani e ballando) oppure in modo passivo, ossia ascoltando musica. Può ritardare l’insorgenza dell’Alzheimer o rallentarne la progressione, e ha dimostrato di migliorare la fluidità verbale, le funzioni cognitive e le interazioni sociali, alleviando i sintomi psichiatrici e anche l’agitazione motoria.
L’alimentazione corretta per proteggere il cervello da Alzheimer e altre demenze
L’alimentazione gioca un ruolo fondamentale nel supportare la salute cerebrale e nel gestire i sintomi dell’Alzheimer. Sebbene non esista una dieta specifica in grado di curare la malattia, alcuni regimi alimentari, soprattutto la dieta mediterranea e la dieta MIND, possono contribuire a rallentare il declino cognitivo e a migliorare la qualità della vita delle persone affette da Alzheimer. Impariamo a conoscerle meglio.
Dieta mediterranea
È spesso considerata una delle migliori per la salute cerebrale, grazie alla sua ricchezza di antiossidanti, acidi grassi sani e nutrienti antinfiammatori. Questo tipo di dieta si basa su:
- frutta e verdura fresca, perché ricche di antiossidanti. Ottimi gli spinaci e tutte le varietà di cavolo, insieme a frutti di bosco, arance e mele, che aiutano a ridurre lo stress ossidativo nel cervello;
- cereali integrali: grano integrale, farro, quinoa e riso forniscono energia costante e favoriscono la salute del cervello;
- legumi: fagioli, lenticchie e ceci sono fonti eccellenti di proteine vegetali e fibre;
- pesce ricco di Omega 3: quello grasso, come salmone, sgombro, aringhe e sardine, ne fornisce ottime quantità. Questi grassi buoni sono essenziali per la funzione cerebrale e la riduzione dell’infiammazione;
- olio extravergine d’oliva: ricco di grassi monoinsaturi e antiossidanti, che proteggono le cellule cerebrali, è la principale fonte di grassi nella dieta mediterranea;
- frutta secca e semi: noci, mandorle, semi di lino e chia sono fonti di grassi Omega 3 e vitamina E, un antiossidante che supporta la funzione cerebrale.
Dieta MIND (Mediterranean-DASH Diet Intervention for Neurodegenerative Delay)
È una combinazione della dieta mediterranea e della dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension), appositamente sviluppata per la salute cerebrale e per ridurre il rischio di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. I cibi più utilizzati nella dieta MIND includono:
- verdure a foglia verde e altre verdure, da consumare tutti i giorni, una porzione per quelle verdi e una per quelle colorate;
- frutti di bosco, da mangiare due o più volte alla settimana, poiché sono ricchi di antiossidanti che possono migliorare la memoria;
- noci, da consumare tutti i giorni (una manciata), sono particolarmente utili per avere più grassi buoni e vitamina E;
- legumi, da mettere in tavola almeno tre volte a settimana per ottenere proteine e fibre vegetali;
- pesce, almeno una porzione a settimana;
- pollame, due volte a settimana.
Alimenti da evitare o limitare
Nella dieta di una persona con Alzheimer è importante evitare o ridurre alcuni alimenti che possono aumentare l’infiammazione e peggiorare la salute cerebrale. Eccoli.
- Cibi fritti, carne rossa lavorata, latticini interi e prodotti da forno industriali: contengono grassi saturi, che possono aumentare il rischio di declino cognitivo.
- Zuccheri raffinati: dolci, bibite e snack zuccherati possono contribuire a una rapida crescita dei livelli di glucosio, che può danneggiare le cellule cerebrali nel lungo periodo.
- Cibi ultra-processati: quelli confezionati e industriali, ricchi di conservanti e additivi, hanno scarso valore nutrizionale e possono essere dannosi per la salute cerebrale.
L'importanza dell’idratazione
Le persone con Alzheimer, soprattutto nelle fasi avanzate, possono dimenticare di bere o avere difficoltà a riconoscere quando hanno sete, il che può portare a disidratazione. È fondamentale quindi garantire un’assunzione regolare di liquidi. Ecco cosa fare.
- Acqua: offrire piccole quantità di acqua regolarmente durante la giornata.
- Succhi di frutta senza zuccheri aggiunti e tisane: possono essere alternative per variare l’apporto di liquidi.
- Frutta e verdura ricche di acqua: soprattutto anguria, cetrioli e arance possono contribuire a mantenere un buon livello di idratazione.
Stimolare il gusto e l’appetito
Le persone con Alzheimer possono sperimentare cambiamenti nel gusto e nella capacità di deglutire. Ecco alcuni consigli per affrontare questa problematica.
- Fare piccole porzioni frequenti: offrire pasti piccoli ma nutrienti più volte al giorno.
- Mettere in tavola cibi facilmente masticabili: preparare cibi morbidi e facili da masticare per evitare problemi di deglutizione.
- Aggiungere sapore in modo naturale: utilizzare erbe aromatiche e spezie come rosmarino, basilico e curcuma, per esaltare il sapore dei piatti in modo salutare.
Esperta di erbe officinali e alimentazione. È direttore responsabile di Curarsi Mangiando, Le Ricette PerdiPeso e Le Ricette della Salute delle Edizioni Riza