Scopri tutte le virtù di un ortaggio dimenticato: è l'ideale per tenere sotto controllo anche il tuo peso
Il topinambur è una radice bulbosa perenne, che dopo anni di oblio, è ritornata in voga per via delle sue proprietà nutritive e del suo particolare sapore, simile al carciofo, che rende unici molti piatti. Appartenente alla famiglia delle Asteraceae, come il girasole, si pensa sia originario del Nord America e che fosse l’ortaggio salva-vita di alcune tribù di indiani pellerossa.
Snobbato in passato come ortaggio povero, il topinambur è, in realtà, un tesoro di virtù benefiche per la salute. Il fatto di essere molto digeribile, dietetico e adatto ai diabetici, spiega il perché tutti dovrebbero inserirlo nella propria alimentazione.
Protegge e disintossica il fegato | Nel topinambur si trova l’arginina, un amminoacido capace di rigenerare il fegato e proteggere i tessuti. Inoltre, questa radice ha un’azione disintossicante per il fegato, perché è ricco di silicio, una sostanza fondamentale nell’eliminazione dei residui tossici dall’organismo. |
Accelera il metabolismo | È un alimento molto indicato per chi vuole dimagrire e al contempo riequilibrare le funzioni intestinali. Apporta tante fibre che arginano il senso di fame ed evitano di mangiare fuori pasto. In più, essendo ricco di potassio, ha anche un effetto super drenante e diuretico. |
Abbassa la pressione | Sempre grazie al potassio, il topinambur è prezioso per salvaguardare il cuore. La presenza di questo minerale dalle qualità vasodilatatrici stimola il flusso sanguigno e abbassa la pressione. |
È anti-invecchiamento | Il topinambur è ricco di vitamina A, indispensabile per la salute degli occhi e contro i processi d’invecchiamento cellulare. |
Rigenera l’attività cerebrale | Contiene un’alta percentuale di vitamina B che aiuta in periodi di debolezza fisica e mentale, stress intensi e in caso di patologie neurologiche. Tra queste, spicca la niacina (vitamina B3) che ha un ruolo primario nel funzionamento del sistema nervoso. |
Lo sapevi che il topinambur è anche chiamato la “patata dei diabetici”? Sì, perché il consumo regolare di questo formidabile ortaggio riduce i livelli di glucosio, di colesterolo e trigliceridi nel sangue. È quindi di grande aiuto ai pazienti diabetici che consumandolo riducono il rischio di avere improvvisi sbalzi glicemici dopo aver mangiato. Il responsabile dei suoi poteri ipoglicemizzanti è senza dubbio l’inulina, una sostanza costituita principalmente da fruttosio, uno zucchero semplice che viene assorbito dall’organismo senza pesare sull’attività del pancreas – spesso compromessa nei diabetici. Il vantaggio di questo tubero è che, a differenza di altri ortaggi fonte di carboidrati come le comuni patate, non utilizza l’amido all’interno dei processi di assorbimento degli zuccheri, bensì l’inulina stessa, la quale ha un apporto calorico molto più basso. Il topinambur è quindi un ottimo rimedio naturale per abbassare la glicemia e tenere a bada il diabete, con effetti sorprendenti sulla linea senza rinunciare al gusto: lo conferma una ricerca dell’Università di Lublino (Polonia).
Non farti intimidire dalla sua forma nodosa e bitorzoluta, perché il topinambur, in realtà, è molto facile da utilizzare in cucina. Puoi spelarlo adoperando un coltellino affilato con il quale raschiare via le parti centrali e poi quelle più sporgenti e irregolari, così da non sprecare nemmeno l’angolo più nascosto. Oppure, usarlo senza togliere la buccia, che tra l’altro è ricca di proprietà, lavandolo bene e accertandoti che sia di provenienza biologica.
Il topinambur è un ortaggio alleato della linea perché contiene poche calorie (73 per 100 grammi) e soluzione efficace per chi soffre di diabete, data l’alta percentuale d’insulina presente e l’assenza di colesterolo. In più, è ricco di sostanze nutritive e gluten-free. In ogni caso è bene fare attenzione a non esagerare con il consumo perché può causare disturbi intestinali come mal di pancia e diarrea.
Secondo la tradizione, il nome del topinambur deriva da quello di una tribù del Brasile detta Tupinambà. Ci sono due teorie: una sostiene che una delegazione della tribù si recò a Parigi nel 1613, ovvero nello stesso periodo in cui fu introdotto il tubero nordamericano sul mercato francese, che venne poi chiamato erroneamente con tale associazione. L’altra, invece, crede che i diplomatici brasiliani vennero accolti in Vaticano lo stesso giorno dell’arrivo di un carico dell’ortaggio dal Canada e da qui l’equivoco. Questa versione, inoltre, si lega a quella per cui il nome inglese del tubero, Jerusalem artichoke (carciofo di Gerusalemme), deriva da una sbagliata interpretazione di commercianti italiani, che lo chiamavano girasole artichoke vista la somiglianza col fiore.