Se in adolescenza tuo figlio è timido niente paura: prima si chiude e poi spicca il volo.
La timidezza in adolescenza
L'adolescenza è un periodo nel quale si cambia sia la forma corporea sia l'assetto psichico e mentale. Perciò è naturale proteggersi da influenze esterne: per riflettere, per ascoltarsi, per riposare l'anima, per preparare il prossimo passo. Ciò che allarma un genitore è spesso l'apparente inspiegabilità di questa timidezza, che non sembra collegata a nessun evento scatenante. Infatti spesso questi atteggiamenti di ripiegamento in se stessi provengono dal profondo, da una parte istintiva. Scuotere il ragazzo per farlo essere "quello di sempre" è l'equivalente del manomettere il bozzolo di un bruco che sta diventando farfalla: si possono fare danni. Solo se la chiusura continua per lungo tempo e il ragazzo perde relazioni e interessi (e qundi non è più una timidezza "fasica" tipica dell'adolescenza ma qualcosa di più) è il caso di intervenire, innanzitutto cercando il dialogo con lui.
Tuo figlio in adolescenza è timido? Tre errori da evitare per non peggiorare la timidezza
- Se tuo figlio è timido, evita di criticarlo per questo atteggiamento, altrimenti la sua introversione si tradurrà in mancanza di fiducia in se stesso e in una chiusura maggiore, di difesa estrema.
- Non aspettarti che cambi in modo repentino. È difficile che l'atteggiamento di un ragazzo in adolescenza si modifichi rapidamente e, soprattutto, non è detto che si debba necessariamente modificare. Quindi, entrare in allarme è del tutto inutile. Valuta la possibilità di un consulto psicologico solo se vedi in lui una spiccata apatia e tristezza, soprattutto se sopraggiunte all'improvviso e prolungate.
- Non cadere nella tentazione di attribuire alla sua timidezza pensieri e cause tipici dell'età adulta (ad esempio: "è depresso"). Osserva la sua realtà senza preconcetti, perché solo così potrai cogliere il senso del suo eventuale malessere.
Ecco i consigli da seguire
- Rispetta l'indole di tuo figlio in adolescenza, senza caricarlo di aspettative su come deve essere e sui risultati da raggiungere. Evita il controllo continuo delle sue azioni quotidiane. Il rischio sarebbe di farlo sentire "giudicato" in ogni cosa che fa e di spegnere i suoi slanci spontanei verso la realtà esterna.
- Chiediti se lo stai spingendo a fare uno studio che non gli piace, o se lui stesso ha fatto una scelta che non lo appassiona. Se fa degli studi per i quali non è portato, facilmente si sentirà insicuro e poco motivato, mentre su un "terreno" che lo interessa si sentirà più a suo agio, anche nelle relazioni.
- Non fargli vedere il mondo come pericoloso, non scaricargli addosso le tue ansie, perché il comportamento ansioso stimola alla timidezza. Assecondalo nelle occasioni di aggregazione con i coetanei: il senso di appartenenza è fondamentale per sviluppare una base di autostima che gli consenta di relazionarsi in modo aperto.