Questa fiaba è una potente iniezione di fiducia: dà al bambino la forza per affermarsi proprio quando gli sembra che tutto e tutti siano contro di lui
Se c'è un periodo della vita nel quale è facile sentirsi inadeguati è proprio l'infanzia. Durate questa fase si ricevono le critiche più incessanti e feroci: sei pasticcione, distratto, incostante, cattivo, pauroso, timido o screanzato. Alcuni di questi rilievi sono veri: i bambini devono imparare tutto. Accanto all'entusiasmo e alla curiosità per un mondo che ancora non conosce, i bambini provano sconforto e frustrazione per il suo essere inadatto, simboleggiato nella fiaba da un aspetto grigio e sgraziato. È di grande consolazione scoprire che tutto ciò è "normale": un cigno, da piccolo, non può che essere fatto così.
Gli adulti hanno spesso la presunzione di sapere "chi" sono i loro bambini, a dispetto di ogni ragionevolezza. Il brutto anatroccolo è grigio invece che giallo, grosso invece che minuto, è nato un giorno dopo gli altri eppure... di sicuro è un'anatra.
È dura per un bambino difendere la propria individualità, ma ce la può fare se mantiene viva dentro di sé quella voce che dice "non ti fermare qui, non è posto per te".
LEGGI ANCHELa formula dell'autostima: vai bene come sei
La fiaba del brutto anatroccolo è un invito coraggioso a non tradire mai ciò che si è, anche quando non si ricevono conferme dagli altri. L'anatroccolo potrebbe, in qualche modo, rassegnarsi alla sua situazione, vivere passivamente le critiche che riceve e incassarle. Al contrario scappa più volte: c'è una forza istintiva in questo piccolo che lo porta a non arrendersi: le sue fughe sono il simbolo della sua natura selvaggia che non ha alcuna disponibilità a "omologarsi".
La ricerca della propria individualità passa attraverso l'identificazione in un gruppo. Protetti da caratteristiche e comportamenti condivisi, ci si può riconoscere, fortificare e crescere. Attuato questo passaggio, si diventa adulti. Eccolo, il brutto anatroccolo in mezzo ai cigni: finalmente è se stesso e nello stesso tempo è un altro, un cigno adulto. I bambini, a questo punto della fiaba, esclamano: "Ma è un altro!". Lo dicono prima con stupore, poi con ammirazione.
Nel nido di mamma anatra tutte le uova si erano aperte, tranne uno. Così, mentre i suoi graziosi anatroccoli gialli già pigolavano tra l'erba, mamma anatra si impegnò a covare ancora l'uovo chiuso, finché non si aprì. Ne uscì un anatroccolo grigio e sgraziato. Benché tutti deridessero l'ultimo nato, mamma anatra aveva fiducia: nuotava bene, era di buon carattere e sarebbe cresciuto. Se non era bello, pazienza, in fondo per un maschio è un fattore secondario... Ma per il piccolo la situazione non era facile: galline e anatre lo urtavano, il tacchino lo impauriva, il fattore lo prendeva a calci e i suoi fratelli non perdevano occasione per deriderlo e maltrattarlo. Il brutto anatroccolo decise di scappare, ma le cose non migliorarono. Una gallina gli chiese se sapeva deporre le uova e un gatto gli chiese se faceva la ruota come i tacchini. Lui non era in grado di fare niente di tutto ciò. Si allontanò ancora una volta, mentre l'inverno cominciava a gelare gli stagni. Furono mesi lunghi e duri, ma alla fine il sole tornò a riscaldare la terra e sullo stagno illuminato l'anatroccolo si fermò ad ammirare la grazia di tre cigni superbi. Posato lo sguardo sull'acqua, si accorse che la sua immagine era identica alla loro. Mentre i tre cigni gli andavano incontro per accoglierlo, un ragazzo dalla riva lodò la sua eleganza. Lui, il brutto anatroccolo, era diventato uno splendido cigno.