I nostri figli costruiscono la loro identità e si difendono dalle paure calandosi nelle vesti di personaggi di fantasia: aiutiamoli nel più serio dei giochi
Sappiamo tutti quanto ai bambini, e spesso anche agli adulti, piaccia mascherarsi, far finta di essere qualcun altro (non solo a Carnevale). Travestirsi per i piccoli è qualcosa di più, perché ha a che vedere sia con i processi attraverso i quali si costruisce la propria identità, sia con i processi attraverso i quali ci si difende dalle proprie paure.
La fantasia diventa una realtà
Quando si gioca a far finta di essere una fata, una strega, un animale feroce o la mamma, per qualche istante lo si è sul serio. Ciò ha un grande valore evolutivo, perché permette di esprimere anche gli aspetti di sé e del mondo che sono fonte di turbamento, ansia o paura. Il bambino, portando allo scoperto questi elementi tramite la finzione, impara a non temerli, ma anzi a dar loro una voce, a farli vivere. Se poi avrà costruito con le sue mani la maschera e tutto quello che gli serve per il travestimento, se avrà messo in campo tutta la sua fantasia e abilità per impersonare qualcuno, il suo gioco sarà ancora più “vero”. Ecco qualche esempio…
Giocare ai pirati: in me ci sono rabbia e coraggio
La figura del pirata o del bandito permette di esprimere sia aspetti legati alla propria aggressività e forza, che di affrontare l’ignoto, con tutte le sue paure e le sue ombre. Il bambino che combatte, per esempio, riesce a far convivere senza problemi le parti meno accettate di sé, come la rabbia, l’odio, la distruttività con le parti che gli piacciono, come il coraggio.
Essere principessa: io ho doti stupende
Impersonare fate, regine, cavalieri permette di proiettare nel gioco degli aspetti ideali di sé, percepiti come belli: la grazia, la gentilezza, la delicatezza, la sensibilità. All’opposto, giocare alla strega o all’orco permette di proiettare degli aspetti di sé percepiti come brutti, mettendosi dalla parte di chi o cosa ci fa paura. Il bambino in questo modo fa vivere liberamente tutte le sue emozioni e sentimenti.
Travestirsi da mamma: mi identifico e mi separo
Appropriandosi delle scarpe della mamma, di oggetti domestici e identificando nella bambola o nel fratellino più piccolo la figura di un figlio, il bambino fra i 18 e i 36 mesi fa un’operazione di estrema importanza: compie l’identificazione con la mamma, la rende presente nel gioco anche se è assente. In questo modo riesce a separarsi da lei, perché introietta e rende proprie le sue caratteristiche.