Non è difficile far amare ai bambini la scrittura, che può essere molto divertente se possono scrivere dei loro interessi e delle emozioni che provano
È possibile aiutare i nostri bambini a sviluppare un buon rapporto con la scrittura? Ecco una domanda necessaria soprattutto da quando le tecnologie stanno indirizzando le nuove generazioni verso il linguaggio veloce degli sms o delle e mail. Si rischia di perdere il rapporto con la scrittura spontanea, le parole diventano sempre più "essenziali", impersonali, meccaniche. Sarà forse per reazione a tutto questo che in Italia di recente è cresciuto a dismisura il numero di scuole di scrittura creativa dedicate agli adulti: per l'infanzia mancano ancora strutture adeguate e un approccio specifico al problema.
Prendiamo l'esempio più eclatante: Dave Eggers, celebre scrittore statunitense, ha fondato a San Francisco una scuola dove insegna ai bambini a raccontare storie: il suo corso di scrittura è diventato così celebre ed efficace che sono stati aperti molti altri centri come quello di San Francisco. Ma quale metodo usa Eggers? Chiamiamolo della "raccolta". Ogni bambino ha uno sguardo differente, ricco e spontaneo con cui "legge" la realtà che lo circonda: tende, però, a cercare forme di espressione e di elaborazione dirette. Preferisce giocare, usare il pongo, disegnare, costruire. La scrittura appare troppo "pensata". Per creare un rapporto diretto tra la "raccolta" dall'esterno e l'istinto di scrivere Eggers ha puntato sulla traduzione immediata delle sensazioni: guida il bambino a scrivere più velocemente possibile ciò che vede, ciò che sente, ciò che vorrebbe fare. Così il foglio diventa complice perché si allaccia ai desideri spontanei.
Facciamo un esempio: chiameremo il nostro piccolo scrittore Federico. Federico ha 10 anni e legge molto poco, ama il basket, suo sport preferito. Fatica a rimanere seduto per un tempo costante e si distrae facilmente. Però è incuriosito da disegni e immagini e ogni tanto sfoglia qualche libro leggiucchiando una pagina o due. È vivace e attento, ma rifiuta le imposizioni: in questi anni ha "raccolto" molto, ma non sa dove riversare questo istinto creativo. Gli viene chiesto di disegnare un campo da basket e i giocatori che lo occupano. Poi dovrà scrivere su uno dei due canestri il nome di chi ha segnato e in due parole (di numero) descrivere come è stato fatto e così ha vinto la squadra. Poi gliene vengono concesse tre per aumentare i dettagli e così via finché avrà un numero di parole con cui potrà organizzare un discorso. Dopo gli verrà fatta vedere la sequenza di un gol alla televisione che dovrà descrivere alla stessa maniera, prima con poche parole, poi con un numero sufficiente. Quello di Federico è solo un esempio di come la scrittura debba essere legata a interessi. Solo così si creano complicità tra forze narrative e spontaneità.