Una psicologia può dirsi autentica e utile solo se non dimentica il pensiero antico e i miti che gli uomini immaginarono per riempire di senso le loro esistenze
Gli dei e gli eroi della mitologia greca rappresentano, per la psicologia analitica ideata da Carl Gustav Jung, modelli e stili di comportamento psicologico universali. I vari Zeus, Hera, Demetra simboleggiano alcune caratteristiche umane (ad esempio l'attitudine al comando, la fedeltà coniugale o la funzione materna...) ma sono anche veri e propri "tipi psicologici", simboli della personalità profonda e quindi spesso inconscia che costituisce la base della psiche di ogni uomo e di ogni donna.
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L'importanza del mito greco in psicologia è testimoniata dal fatto che lo stesso Sigmund Freud, padre della psicanalisi accostò i desideri incestuosi inconsci alla narrazione delle vicende mitologiche di Edipo e di Elettra, e anche oggi si definisce “una Venere” (Afrodite nell’originario greco) una donna desiderabile, simbolo dell’amore e della bellezza. La passione sessuale è personificata da Eros, divinità capace di far perdere la testa ai mortali e instillare in loro un desiderio inesauribile. E ancora, non si definisce "panico” (proveniente cioè dal dio Pan) quella sensazione di paura e di angoscia spinta all’estremo? Mercurio (il greco Hermes) è ancor oggi il protagonista delle narrazioni oscure e poco chiare, che si dicono appunto “ermetiche” mentre il bastone simbolo delle farmacie è quello del dio Asclepio (Esculapio in greco) che presiedeva cura e guarigione.
I popoli antichi personalizzavano ed elevavano al rango di divinità ogni aspetto della natura e ogni emozione profonda che avvertivano e che colpiva la loro mente. Questo perché i simboli (gli dei da un punto di vista psicologico sono simboli) si devono anzitutto “vivere" e non tanto spiegare: ogni tentativo di spiegarli li cancella insieme al loro "potere". La stessa parola “psiche” deriva da psuké, termine greco che indica “soffio, respiro vitale”, mentre oggi se ne parla solo come complesso di funzioni non corporee, oggetto di studio della psicologia clinica. Un oblio dannoso, visto che la mitologia greca compare ovunque nella cultura e nella lingua del nostro paese. Chiunque si occupi di psiche dovrebbe conoscerla bene: ritroviamo spessissimo virtù, vizi e passioni degli dei greci nelle espressioni inconsce della nostra psiche, poiché gli dei erano e sono proiezioni primordiali dell’inconscio, quelli che Carl Gustav Jung definiva “archetipi”, o modelli universali.
Questi archetipi, simboli psichici inconsci che illustrano i comportamenti umani si possono ritrovare a ogni latitudine e in molte narrazioni mitologiche diverse, ma il pantheon greco è certamente quello culturalmente più vicino a noi rispetto, ad esempio, a quello che raccoglie gli dei della mitologia scandinava, o di quella indiana o delle popolazioni precolombiane del Centro e Sud America. Chi non conosce una persona che, nella sua personalità, sembra incarnare la figura di Zeus, padre degli dei, descritto come prepotente e potente, seduttivo, carismatico, arrogante ma anche passionale e a volte senza scrupoli? O qualcuno che assomiglia ad Ares, il dio della guerra, aggressivo e a volte violento ma anche amante appassionato e uomo sentimentale?
Come abbiamo detto, nel pantheon greco di dei e semidei ritroviamo i nostri vizi più o meno nascosti, le nostre passioni segrete, le nostre qualità e le nostre paure recondite: gli dei si comportano come noi vorremmo comportarci sempre, anche se spesso pensiamo di non poterlo fare. Nella realtà capita, con nostra sorpresa, che questi aspetti inconsci, da noi non riconosciuti, a volte erompano, ci dominino e ci spingano ad azioni che non possiamo evitare di compiere: una collera immotivata che si sfoga malamente,una paura che non riusciamo a dominare, una passione che ci divora, una ricerca del bello e dell’armonia assillante, oppure un grande desiderio di comunicare. Sono tutti aspetti degli archetipi presenti in noi...
La mitologia antica ci dice quindi molto della psiche profonda che ci governa: gli dei sono funzioni interiori proiettate su un pantheon immaginario per essere riconosciute e onorate. I greci lo avevano ben presente quando offrivano sacrifici ai loro dei: lo facevano per dare un senso "cosmico" a passioni e impulsi istintivi difficilmente controllabili. La psiche profonda sopporta poco le certezze illusorie della mente superficiale e agisce sotto traccia affinché noi possiamo riconoscere le manifestazioni autentiche del nostro essere, quelle che uno studioso di storia delle religioni chiamerebbe: “epifanie”, il comparire improvviso nella vita quotidiana di forze che sembrano estranee e oscure. Chi ha sperimentato il panico comprende il senso di oppressione, di vulnerabilità estrema, e di angoscia che derivano dal manifestarsi di una forza istintuale a cui non si riesce ad opporsi...
Questi Dei, da Eros a Hermes ad Ade vanno riconosciuti come aspetti insopprimibili della nostra psiche che non vanno né minimizzati né trascurati. La sola strada da percorrere è cercare un "accomodamento", aprire un dialogo con loro, a volte sotto la guida di uno psicoterapeuta. Se si attraversa la depressione, si conosce Ade (il dio dell'oltretomba) e il suo potere di rendere tutto inutile, buio e immobile. Il senso profondo è questo: probabilmente abbiamo trascurato qualcosa che va ritrovato e portato alla luce per quanto poco gradevole possa sembrare. Ricordiamoci che l’altro aspetto di Ade è Pluto (=Plutone latino) ovvero il rigoglio, l’abbondanza. Nel buio della terra i semi lentamente germinano e producono: se rispettiamo gli aspetti “mitici” della nostra anima essi diventeranno benevoli e ci aiuteranno. A proposito, anche la persuasione (Peitho in greco) era una dea…