La felicità non è sforzarsi per avere una vita perfetta, ma stare con tutte le contraddizioni, i difetti, gli errori... Quando non ti giudichi, la tua essenza si può esprimere e ti porta a fare gli incontri che ti servono
L'arte di stare con se stessi è tutto ciò che dobbiamo imparare. Puoi avere tutte le ricchezze, l’amore che sognavi, i figli che raggiungono il successo lavorativo, puoi essere invidiato dal mondo, ma se non ti piaci, se ti rifiuti, se non sei soddisfatto di stare con te, vivi nell’inferno.
Vi racconto tre esercizi che faccio spesso agli incontri di gruppo in diretta online.
Sono tre semplici esercizi che chiunque può eseguire da solo in pochi secondi. Basta socchiudere gli occhi e le immagini vengono a trovarci spontaneamente. Potremmo chiamare il primo esercizio “del disagio esistenziale”, il secondo “del carattere” e il terzo “del passato”. Tutti e tre si basano su un’idea di disfunzione: qualcosa non va nella mia vita, oppure il mio carattere ha qualcosa di sbagliato o, ancora, nel passato ho fatto qualcosa di irreparabile.
È incredibile come quasi tutti quelli che si sottopongono a questi semplici esperimenti provino tutti e tre i disagi. E tutti rimangono colpiti quando dico loro che rimettere le cose a posto nella vita non funziona mai, come ad esempio è fallimentare il tentativo di riconquistare il partner dopo una separazione. Non si può recuperare ciò che è andato via e qualsiasi sforzo si faccia, non produce risultati. Chi ha provato l’abbandono lo sa benissimo.
Cambiare il carattere poi è una vera follia: sarebbe come dire alla rosa di eliminare le spine, che sono una delle sue prerogative. Si possono togliere le spine alle rose recise, che sono già morte e pronte a essere messe nei vasi, come fanno i fioristi. Ma far crescere in natura una rosa senza spine è impossibile e soprattutto inutile.
Nemmeno il passato si può cambiare, e non si può correggere. E del resto colui che a 25 anni ha lasciato l’università e non si è laureato, non è più la stessa persona di quella che a 40 continua a rimuginare su quel gesto. Ho visto pazienti laurearsi a 50 anni, sprecando risorse, facendo fatiche immani, per ritrovarsi poi ancora più depressi. Ce l’avevano fatta, ma quel “ritardo” rimaneva dentro di sé.
Ho citato questi tre momenti della vita affettiva perché spesso sono i motivi che portano le persone dallo psicoterapeuta: un disagio esistenziale, un brutto carattere, un presente rovinato dal passato. Come è successo a Martina, 38 anni, che si era separata da tre anni ma ancora pensava a come recuperare il marito che «mi ha lasciato con pochi soldi e con i figli ancora adolescenti». Lei credeva che il suo matrimonio fosse saltato perché aveva un carattere «troppo timido, introverso, e non esprimevo mai i miei sentimenti». Pensava di aver perduto anni prima l’unico uomo che avesse veramente amato perché non si era trasferita all’estero con lui.
Un giorno le ho fatto chiudere gli occhi in una seduta e le ho fatto immaginare i tre tarli della sua vita: la separazione, il senso di colpa per non aver seguito l’uomo dei suoi sogni e il suo carattere introverso. «Immagini questi tre tarli e li tenga lì nel buio, dentro i suoi occhi. Senza rimpianti, senza lo sforzo di allontanarli da sé. Li guardi semplicemente come onde del suo mare, senza far niente per mandarli via». Ha pianto qualche istante, poi ha ceduto, li ha lasciati nella sua interiorità, senza dirsi nulla.
Ha capito che non c’era niente da cambiare, ma semplicemente stare dentro di sé, senza dirsi niente. È arrivato il sollievo prima, la pace poi e in pochi attimi un vero e proprio attacco di felicità. «Ho capito che non devo cambiare niente della mia vita, le cose sono così come sono, vanno bene così». La felicità arriva solo se la smetti di lottare per cambiare la tua vita.
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