Gli antichi Greci chiamavano Kairos il dio delle opportunità che vanno afferrate al volo. Come ha fatto Maya, che si è liberata con un solo gesto del passato e di un’idea sbagliata di sé, e si è resa disponibile a cogliere l’occasione di una nuova vita
Nel profondo, nel luogo più nascosto del nostro essere, vive il nostro Seme, il nostro Centro, il nostro Sé. Contrariamente a quello che si pensa, non vuole essere visto, non gli interessa il nostro parere, neppure la nostra visione del mondo e più di tutto detesta qualsiasi ragionamento sul passato. Come fa il seme della pianta, il nostro Seme crea, occultandosi, la nostra Unicità, che è del tutto sconosciuta all’Io, ai pensieri, alla coscienza.
La sapienza antica chiamava il Sé: “il Re nascosto”. Agisce senza farsi vedere, ci aiuta nei momenti difficili senza comparire. Mi viene da sorridere quando qualcuno mi dice che si conosce, oppure che vuole scoprire se stesso, sapere chi è. Sentite cosa dice Fernando Pessoa: «Nessuno sa cosa vuole. Nessuno sa quale anima possiede». “Conosci te stesso” va inteso in modo ben diverso da come lo intendiamo noi esseri razionali.
Il Sé fa accadere le cose senza il nostro intervento, diceva la sapienza Taoista, e quindi la cosa più importante da fare è non interferire, non ostinarsi a voler trattenere le cose che sono andate via: bisogna soffrire e poi vivere... E aspettare che un lampo di sapienza venga a trovarci e ad aiutarci. Così è successo a Maya: ecco la sua email.
«Circa due mesi fa sono stata lasciata dall’uomo che pensavo un giorno sarebbe diventato mio marito. Ero sicura che ci saremmo sposati e invece, dopo un anno, lui mi ha confessato di non voler nemmeno una convivenza con me. Dopo un mese di lunghi pianti ho deciso di partire per un viaggio da sola, a Roma. In quella settimana di vacanza ho girato diverse librerie e sfogliavo i suoi libri per capire quale fosse il più adatto al mio caso. Quale potesse aiutarmi di più. Alla fina sono andata alla libreria Feltrinelli e ho deciso di acquistarne uno. Ebbene, appena uscita dalla libreria mi sono precipitata alla fermata dell’autobus per rientrare in albergo. E lì, inaspettatamente, ho conosciuto un ragazzo che mi ha invitato a prendere un caffè. Ero molto indecisa, poi mi sono ricordata che, come diceva in copertina il libro che avevo appena comprato, nella vita si piange una volta sola, si affonda nel dolore e poi si vive. Ho accettato quel caffè. E che dirle: dopo un mese sono qui a casa di questo ragazzo, ho conosciuto i suoi genitori e mi sento innamorata come non lo sono mai stata. Dottore, lei è riuscito ad aiutarmi senza nemmeno bisogno di aprire il libro. Grazie»
Cosa è successo a Maya? Prima di tutto si è messa in viaggio. Quando soffri, se continui a pensare a ciò che è accaduto, nel caso di Maya all’abbandono, il dolore continua a permanere fino a diventare un’energia stagnante: più piangi e più continuerai a versare lacrime. Nessun dolore dura se non ti attacchi all’idea che ti eri messa in mente.
Per Maya l’ossessione è «l’uomo che sarebbe diventato mio marito»; dopo più di un anno non si era neppure accorta che lui non voleva vivere con lei. Quando veniamo lasciati o abbandonati dobbiamo ritenere che quello che sta accadendo sia una voce del Sé che vuole portarci via, lontano, lontanissimo dall’idea che ci siamo fatti del rapporto, della relazione. Maya crede che sia stato lui a lasciarla: no, è il suo Sé che non voleva accanto a lei quell’uomo, per proseguire la sua realizzazione: in questo senso il Sé è il vero psicoterapeuta interiore, bisogna imparare ad ascoltarlo soprattutto nei momenti difficili.
Ogni addio è un dolore immenso, ma è la porta che si apre verso gli strati più profondi della personalità che vogliono affacciarsi. Il viaggio a Roma è il nuovo che avanza nella sua mente: qui smette di lamentarsi, di compiangersi e cerca dall’Universo un consiglio sotto forma di un libro, uno scritto che trovi per lei la soluzione. C’è un cambio di sguardo: la scelta del libro con quel titolo (“Si piange una volta sola”) è come un suono misterioso, come una voce del suo centro che la sta portando a dirsi: «Basta piangere, c’è altro da vivere».
Molte persone sono uscite dal loro dramma mettendosi in viaggio: cambiare spazio, luogo, modifica totalmente il rapporto con la nostra interiorità. Si aprono nuove prospettive e nuovi panorami: a volte ci portano a trovare soluzioni inaspettate scritte per noi.
Interrogarsi sulle cause dei nostri malesseri non è la strada giusta: scopri come stare subito meglio nel libro Mai ragionare suoi tuoi disagi di Raffaele Morelli.
Il nostro Sé non vive nel tempo, si manifesta solo nell’istante. I Greci chiamavano “Kairos” il Dio che va afferrato, che porta le cose che ci riguardano e che accadono proprio in quel momento in cui le percepiamo. Fateci caso: le cose belle, significative della vostra esistenza sono accadute in un istante che avete colto al volo. Kairos significava il momento giusto, il momento opportuno; i Greci avevano capito che c’é un istante che ti può cambiare la vita: afferralo.
Il Dio era rappresentato con un ciuffo di capelli che partivano dal cranio per essere afferrati perché la buona occasione va colta nel momento in cui si presenta: guai a perderla. Kairos, come Ermes, era dotato di ali e poteva scappare via da un momento all’altro. Se voi sapeste quante volte nel mio lavoro ho visto persone soffrire a distanza di anni per un’occasione perduta... Invece Maya ha colto l’attimo: quell’incontro con il ragazzo è arrivato nel momento in cui era pronta a cercare una vita nuova e a smettere di piangere sul passato. Non c’era bisogno di aprire il libro: il Sé voleva solo farle vedere che c’è un altro modo di guardare se stessi e il mondo.
Il seguito l’ha costruito il suo Centro: è bastato staccarsi dall’idea che si era fatta del suo abbandono. Le coincidenze sono il modo di parlare del nostro Sé, sono il suo linguaggio. Quando quel ragazzo conosciuto alla fermata dell’autobus la invita a prendere un caffè, possiamo ben dire che è stato “mandato” da quel Signore sconosciuto, misterioso, da quel “Re nascosto”, il quale si presenta spesso sotto forma di incontri che ci chiamano. Se ci mettiamo a ragionare la magia scompare, se invece ci affidiamo alla psicologia dell’istante stiamo seguendo la strada tracciata dal Signore del nostro destino, il Sé.
Se osserviamo l’inizio della lettera di Maya e la conclusione, ci accorgiamo che siamo di fronte a due mondi lontanissimi: il dolore di un addio diventa la gioia di un incontro e tutto è accaduto in un istante.
A cosa è servito il dolore provato da Maya? A liberarla dal suo modo di vedere il mondo, dall’idea che ci fosse un uomo perfetto a cui affidare la propria vita, dimenticando che all’interno di ciascuno di noi c’è un sapere innato che ha il progetto di realizzare la nostra missione, cioè l’essere unico che siamo, e di accompagnarlo con le persone che sono utili a portare avanti il nostro percorso. Questo estraniarsi dal dolore, dal pianto e dai ragionamenti ha aperto la porta al Sé.
Così scriveva Lao Tse: «Sta nel buio la Via, non porta nome, ma si prodiga e porta a compimento». Maya non ha fatto niente per guarire dal suo dolore, semplicemente ha allontanato da sé il passato, è uscita dalla mentalità del pensiero comune e si è affidata alla magia dell’istante. Con queste parole Lao Tse ci indica l’arte di stare con se stessi: «Nulla può rimanere di ciò che è stato, se non un’impronta. Un’impronta è cosa morta e non significa nulla. Solo il riflesso fugace è un’immagine esatta, completa, innocente. Non vi è vera conoscenza se non dell’Istante».
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