La voglia di riscatto o di rivalsa su delusioni e ferite mai rimarginate può condizionare l'esistenza e ostacolare l'evoluzione personale: come evitarlo
È un sentimento che conosciamo tutti: la voglia di riscattarci dopo che qualcosa è andato storto, la volontà di riaffermare il nostro valore dopo che è stato messo in dubbio. Vissuto così, in modo misurato ed episodico, esso costituisce un’importante risorsa mentale e un segno di buona vitalità psichica. Alcuni tuttavia fanno del riscatto l’obiettivo primario della loro esistenza e questo può diventare un grosso limite: le loro azioni sono impregnate di un bisogno spasmodico e intransigente di riconoscimento che li risarcisca di qualcosa che è stato loro tolto in passato.
A volte questo qualcosa è ben fissato nella memoria: ripetute umiliazioni e frustrazioni; condizioni di povertà e di difficoltà sociale; sensazione di essere stati la pecora nera o l’anello debole della famiglia. A volte invece la persona non sa nulla di questa spinta a doversi riscattare: rincorre una generica Grande Rivincita perché ha imparato a vivere così. Sono casi in cui alla base di solito c’è una carenza affettiva che affonda le radici nella prima infanzia. Il riscatto può essere individuale o riguardare la famiglia di origine: la persona si fa carico – non di rado spinta dai genitori – di riportare “ai livelli che merita” il suo clan familiare, o di vendicare i torti e le avversità subite da padre e madre.
Il modo più frequente è quello di inseguire il successo economico o il prestigio sociale, anche se i parametri possono essere molto differenti, ed è quasi sempre accompagnato dalla voglia infantile di una “tremenda vendetta” del tipo: "Ora vi faccio vedere io chi sono, io vi umilierò, voi mi adorerete". Tale atteggiamento offre di certo grandi motivazioni per superare tanti ostacoli, ma al contempo sgambetta la persona, impedendole di fare scelte autentiche. Per liberarsi da questo giogo psicologico bisogna comprendere che rinunciare al riscatto non significa rinunciare all’ambizione di affermarsi, che invece è una spinta sana e auspicabile. È necessario imparare a vivere i propri sforzi e risultati non come risarcimento di un lontano passato da lenire, ma come frutti di un’azione di oggi, del presente. Anche perché solo un presente appagante e privo di nevrosi può farci archiviare i nodi irrisolti del passato.
Cercare il riscatto ti espone solo ad altre tensioni, a facili delusioni e a continue frustrazioni. Se poi il successo ottenuto è sganciato dalla tua vera natura interiore, è ancora più deludente. Prova a vivere seguendo ciò che ti piace, non ciò che serve a questo risarcimento impossibile. Liberarsi dal riscatto non significa perdere le ambizioni.
Puoi fare le stesse cose e perseguire gli stessi obiettivi, senza però esibire i risultati né cercare plausi e conferme unanimi. Vivi il tuo percorso e ciò che hai conseguito in silenzio, in una dimensione intima, nella quale capire se tutto questo ti appartiene davvero. Se proprio vuoi un riscatto, esso risiede nel sentire tua la vita che stai facendo.
Se c’è davvero una ferita nel tuo lontano passato bisogna curarla nel modo giusto. Se essa non ti lascia tregua e ti spinge al “bisogno del successo”, una psicoterapia può aiutarti a individuarla bene e a trovare una via sana per farla rimarginare. A volte basta poco per staccare l’attenzione e cambiare prospettiva.