Se non riesci mai a goderti le cose e trovi sempre un motivo di insoddisfazione, smetti di controllare tutto e prova a sospendere ogni giudizio…
“Ma che cosa vuole questo qui? Quand’è che lo sentirò dire che è contento? Ci sarà pure una volta in cui si sentirà felice!”. Sono i pensieri spontanei che vengono quando si vive da vicino a un incontentabile, cioè una persona che, anche di fronte alle situazioni più favorevoli, si mostra infastidita. Manca sempre qualcosa, le cose non sono come dovrebbero essere, la fregatura è sempre dietro l’angolo. Gli eterni insoddisfatti non sono pochi. Anzi, in almeno un periodo della nostra vita tutti siamo stati così. Ma per qualcuno è la regola. Perché una persona finisce per vivere le cose in questo modo? E cosa si può fare per uscire da questa visione inappagante della realtà? Ne va anche della qualità e della durata delle proprie relazioni, perché un atteggiamento sempre scontento produce disagio in chi sta intorno: o lo contagia della stessa insoddisfazione, o gli induce frustrazione e senso di inadeguatezza, o gli fa venir voglia di allontanarsi.
“Si può fare sempre di più”
A volte “l’imprinting” deriva dall’esempio dei genitori: “Potresti fare di più” è la frase tipica sentita da chi, fin da bambino, si è sempre visto svilire i propri “prodotti” in nome di un “di più” del tutto teorico, ed ha quindi appreso che il presente, anche quando è bello e favorevole, non basta mai. In questi casi il problema è la sensazione radicata che la situazione realmente appagante sia altrove, in un futuro o in un’alternativa da raggiungere. Ma quando la si raggiungerà, le si applicherà lo stesso schema. E così via all’infinito, in una sostanziale, rabbiosa scontentezza.
È tutta paura della felicità
Per altri invece il problema non nasce dal fatto che la realtà, anche quella più positiva, non basta, ma, paradossalmente, dal contrario: è troppo. Si difendono dalla felicità, dalla brillantezza di un risultato, dal fatto che le cose vanno bene. Hanno paura della pienezza e della riuscita. La cercano, ma sentono di non riuscire a sostenerla, perciò la boicottano attraverso la scontentezza. Qualcuno teme di essere travolto dalle emozioni, altri non sanno proprio come stare in situazioni in cui non ci sono problemi o conflitti (sono quasi in imbarazzo), altri non possono credere che le cose vadano bene perché sono abituati a sfortune di vario tipo, e altri non vogliono assumersi la responsabilità che deriva da un buon risultato: doverlo confermare in futuro. Non è che la realtà non basta, ma “sono io che non basto alla realtà”.
Metti da parte il perfezionismo
Guardando in profondità, quello a cui occorre rinunciare è una cosa sola: il perfezionismo. L’incontentabile infatti è schiavo di un’immagine ideale di come dovrebbe essere la realtà, o di come dovrebbe essere lui stesso. C’è un grande giudizio che pesa come un macigno sulla libertà di vivere e di esprimersi. Ma non è necessaria una psicoterapia per superare la sua influenza nefasta: spesso rendersi disponibile, in modo consapevole, a nuove esperienze può modificare l’atteggiamento mentale e di conseguenza lo stesso assetto del sistema nervoso, aprendolo finalmente alla sensazione di essere appagati.
Tre passi verso il presente:
-Accetta le cose come si presentano. Prova per una volta, in unambito per te importante, a non tentare di migliorare le cose ma ad accettarle così come si presentano. Se “in automatico” ti viene da formulare giudizi prova a sospenderli: ciò che ti accade non è buono o cattivo, “è”, e basta. Osserva come ti senti. Dopo un primo spaesamento, vedrai che ti sentirai alleggerito.
-Stai alla larga dagli ipercritici. Frequenta di più le persone chemanifestano gioia per ciò che hanno e per un po’ di tempo “scansa” gli ipercritici e gli insoddisfatti, cioè quelli come te. Poi chiediti: è giusto definire superficiali o ingenui i primi, come fai di solito, e realisti i secondi? E se invece fossero propri i primi a vedere più lontano?
-Ritrova la tua essenza felice. Guarda le foto di quando eribambino. Prendine una in cui erifelice e osservala bene. Quello seitu, anche adesso. Ciò che ti frenaè una maggiore maturità o non,piuttosto, il timore di togliertiuna corazza? Porta con te quellafoto e ogni tanto guardala; sesenti nascere un sorriso nonreprimerlo: le emozioni devonotornare a scorrere.
Se vedi sempre nero ti servono occhiali a colori:
-Smetti di “esibire” la tua insoddisfazione. Tutti ormai si aspettano che noi siamo così, ipercritici e insoddisfatti, e anche a noi di riflesso viene da esserlo. Come se indossassimo sempre occhiali che fanno vedere tutto nero. Dobbiamo cambiare questa abitudine che nutre le relazioni in modo distorto. Il primo passo: l’insoddisfazione non deve più essere argomento di conversazione e soprattutto non deve essere esibita al “pubblico”. Usciamo da questo personaggio e lasciamo posto ad altri modi di essere. C’è solo da guadagnarci.
-Non farti dire da altri cosa vuoi tu. Dietro la continua insoddisfazione potrebbeesserci il fatto che, senza accorgercene, cerchiamodi appagare bisogni che non ci appartengono,indotti dai media e dall’ambiente in cui viviamo,che ci persuadono su cosa dobbiamo desiderare.Cerchiamo di sentire meglio cosa è nostro e cosanon lo è, e stiamo attenti alle nostre emozioniprofonde, prima di proclamarci insoddisfatti.
-Identifica l’epicentro del problema. A volte c’è un solo ambito nel quale siamoinsoddisfatti (ad esempio sentimenti o lavoro),ma è così importante o ci pesa così tanto chel’insoddisfazione si dilata in automatico a tutto.Allora diventa fondamentale riconoscere ilvero problema e risolvere quella frustrazione,altrimenti niente potrà superare la barriera dicinismo che abbiamo alzato.