La conoscenza di più lingue favorisce lo sviluppo della memoria da piccoli e protegge dall’insorgenza dell’Alzheimer da anziani
Fino ad alcuni anni fa, in molti erano convinti che imparare due lingue potesse generare confusione mentale: meglio impararne bene una piuttosto che affaticarsi inutilmente con il rischio di avere degli effetti collaterali. Una serie di ricerche più moderne ha confutato questa teoria, dimostrando i grandi vantaggi derivanti dalla conoscenza di un’altra lingua. Per primo, uno studio del 2012 ha evidenziato come l’area cerebrale deputata al linguaggio cresca in seguito all’apprendimento di un’altra lingua: se invece di parlare una sola lingua se ne parlano due o più di due il cervello risponde aumentando le proprie connessioni sinaptiche.
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Secondo un altro studio, il bilinguismo ritarderebbe l’esordio dell’Alzheimer fino a cinque anni nelle persone che presentano degli specifici fattori di rischio. Questi risultati dicono che una prevenzione efficace per questa patologia sarebbe proprio quella di imparare anche da anziani una lingua straniera. Inoltre, il bilinguismo può portare ad una migliore capacità di ascolto, poiché il cervello deve impegnarsi maggiormente per distinguere i differenti tipi di suono tipici di ogni linguaggio, quindi l’orecchio si “ affina”.
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Pare poi che i bambini cresciuti in ambienti bilingui sviluppino facoltà mnemoniche maggiori di quelli cresciuti familiarizzando con un unico linguaggio. Questo si ripercuote in una maggiore abilità nel calcolo mentale e nella lettura. Le persone bilingui possono passare con disinvoltura da un’attività all’altra, dimostrando una maggiore flessibilità mentale e trovando più facile adattarsi agli imprevisti. Non solo: lo studio di una nuova lingua può letteralmente cambiare il modo di vedere il mondo. Ad esempio, imparare il giapponese, che distingue con termini precisi il blu chiaro o scuro, può aiutare persino a percepire il colore in modi diversi. Oppure in cinese “drago” rimanda non solo a un animale fantastico e pauroso ma soprattutto a un simbolo di fortuna, forza, saggezza. Inevitabilmente un cinese o un giapponese “vedranno” in modo diverso da un occidentale perfino un essere del tutto irreale.
Da tutto ciò deriva che Il cervello, dovendo elaborare lingue con una diversa semantica, assocerà ai singoli concetti elementi tratti dai linguaggi che conosce, sviluppando quindi una maggiore curiosità verso il mondo circostante. Benjamin Lee Whorf nel 1940 postulò la teoria secondo cui il linguaggio plasmerebbe il cervello al punto che due persone con lingue differenti saranno sempre cognitivamente diverse, perché avranno un modo di rappresentare il mondo e di vivere le emozioni diverse. Vale quindi la famosa citazioni attribuita a Carlo Magno per cui “Conoscere un’altra lingua significa possedere una seconda anima”.