L’autostima è il pilastro del benessere psicologico. Ecco cinque regole per farla crescere e tre semplici esercizi per aumentarla a tutte le età
L’autostima è probabilmente la caratteristica che vanta il maggior numero di errori di interpretazione al mondo. Dalla psicoterapia infatti possiamo apprendere che molto di quanto pensiamo sull’autostima è sbagliato: è un errore pensare che l’autostima sia la capacità di ritenersi forti, sicuri di sé, invincibili e superiori agli altri; è un errore credere che sia la capacità di correggere i propri difetti; è un errore, soprattutto, confonderla con la forza di carattere o con una volontà di ferro che sa imporsi contro tutto e tutti e contro se stessi. Ma allora cos’è l’autostima? E si può far crescere, si può allenare? E come: esistono esercizi e tecniche per aumentare l’autostima?
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In sintesi possiamo dire che l’autostima è la capacità di intrattenere un rapporto fiducioso con se stessi che rende più facile e spontanea la realizzazione di sé, a qualsiasi età. Il punto fondamentale è l’accoglienza esercitata verso tutti gli aspetti del proprio essere, la riconciliazione con le proprie zone “oscure”, anche quelle che non trovano consenso né negli altri né in noi stessi.
L'autostima infatti non si conquista con la costante attribuzione a se stessi di valori e qualità che, nell’immaginario comune, connotano una cosiddetta personalità vincente. Anzi, voler somigliare a un modello implica volersi correggere, cioè diventare innaturali e accendere dei conflitti interiori: tutti elementi che distruggono l’autostima.
La vera autostima si raggiunge senza sforzi perché è il dispiegamento delle proprie tendenze e inclinazioni naturali, e implica la capacità di accogliere anche le difficoltà e le ferite come “proprie” difficoltà, necessarie al proprio sviluppo.
È possibile individuare alcune semplici regole pratiche e atteggiamenti mentali che aiutano a far crescere l’autostima.
Ecco cinque semplici atteggiamenti e stili di vita che aiutano a far crescere l’autostima in modo spontaneo e naturale.
La cosa peggiore da fare con se stessi è giudicare i propri stati interiori. Volerli correggere in base a un’idea di “quello che è giusto fare” o di “come è giusto essere” non solo è inutile (perché questi aspetti sono “più forti di noi”), ma è anche pericoloso perché può portare a disagi e patologie.
Impari a volerti bene solo quando accogli tutti i tuoi stati. Sei triste? Bene, accogli la tristezza. Sei ansioso? Percepisci l’ansia. Hai paura? Stai con le tue paure. Ti senti insicuro? Fai amicizia con l’insicurezza. Quando un’emozione si presenta, prova a dire: «Le cose sono come sono, non voglio farci niente e non posso farci niente». Il nucleo che custodisce la tua identità profonda sta facendo spuntare “nuovi rami”, nuove capacità, proprio grazie a queste emozioni: se le accogli ti regaleranno i loro frutti rinnovando tutto te stesso, e poi se ne andranno da sole. Se le contesti, se le aggredisci, se cerchi di tagliarle, torneranno più forti.
E se quelli che chiami difetti fossero qualità che ancora non si sono manifestate a dovere? Se fossero attitudini essenziali che devi solo sviluppare? Proprio nelle caratteristiche che pensiamo di dover correggere risiede un lato della personalità che abbiamo accantonato perché ci fa paura, ma che è anche il più ricco di talenti e risorse inutilizzate. La parte più autentica di te ha delle qualità che mai e per nessun motivo si adatteranno ai modelli collettivi. Ed è un bene, perché se fossimo del tutto adeguati, smetteremmo di esistere come individui.
Cerca di focalizzare i difetti che più ti danno fastidio di te o che consideri davvero impresentabili: una vena di egoismo, un lato invidioso, un desiderio di vendetta... Fai mente locale su tutti gli episodi passati nei quali ti sei ritrovato a dire: «Perché ho fatto così? Non ero io!». Quindi fai caso a tutto ciò che di buono è successo proprio grazie a quella scenata, a quella frase acida, a quella gaffe, magari a distanza di tempo.
Ogni volta in cui si presentano nella tua vita azioni e comportamenti fuori dal tuo controllo, osserva bene dove vogliono portarti, quali persone ti fanno incontrare e da quali ti allontanano, e quali occasioni ti offrono. Se preferisci, appunta in un diario gli eventi più rilevanti. Ti aiuterà a prendere coscienza di come queste azioni “incontrollabili” siano la voce di un’intelligenza più profonda, che ti guida lungo i percorsi conformi alla tua natura.
La vita adulta è fatta soprattutto di ruoli, apparenza, “comportamenti dignitosi”. La mentalità comune ritiene sconveniente far emergere una spontaneità fine a se stessa. Così finiamo per convincerci che sia ormai perduta. Per questo è importante riattivare l’immagine dell’Io bambino. Questo esercizio aiuta a ritrovare la leggerezza e la spontaneità dell’infanzia.
COME FARE
Cerca un posto tranquillo. Chiudi gli occhi e lasciati avvolgere dal buio. Vai indietro nel tempo, cerca l’immagine di te da bambino. Cosa ti piaceva fare di più? In quale gioco o attività ti perdevi? Adoravi fare castelli di sabbia o cercare fragole nei boschi? In quale personaggio fantastico ti identificavi? E cosa non ti piaceva, cosa ti dava fastidio? Si affacceranno delle immagini, emergeranno delle sensazioni. Lascia che lavorino dentro di te, come un seme. Rievoca quelle immagini in momenti diversi della giornata: ti ispireranno azioni dimenticate che ora consideri “da bambini”, ma che invece aprono la porta a funzioni nascoste, pronte a riemergere, più attive che mai.