Scopriamo le cose giuste da fare per vivere al meglio questa prova di vita che prima o poi tutti i genitori (e tutti i figli) devono affrontare…
L'estate è “qui” e per molti ragazzi si avvicina il momento di affrontare una delle esperienze più significative della loro esistenza: il primo "viaggio" da soli, la prima volta lontano da casa senza mamma e papà. Soprattutto per gli adolescenti, prossimi alla maggiore età, arriva il tempo di una vera "vacanza in solitario", senza il controllo degli adulti. Questa "prova" costituisce una tappa fondamentale della loro evoluzione, ma è anche - comprensibilmente - un momento di piccole e grandi preoccupazioni per mamme e papà. Basta fare un giro rapido in internet per imbattersi in forum, blog e siti dove mamme e papà confessano timori, si scambiano idee e consigli sul tema delle vacanze "da soli" dei loro "pargoli" ormai cresciuti. I timori sono comprensibili: non sarà ancora immaturo? Dormirà o passerà le notti sempre sveglio? Come mangerà? Mangerà? Sarà in grado di badare a sé stesso? Non combinerà pasticci? Non si farà trascinare in situazioni pericolose?
Tutte queste preoccupazioni riguardano loro…o noi? Nei confronti delle esperienze importanti dei figli, in particolare quelle che simboleggiano il passaggio da una fase della vita ad un'altra, i genitori vivono spesso sentimenti ambivalenti. Nulla di strano: mamme e papà non possono avere una visione davvero "obiettiva" dei loro figli e del grado di maturità raggiunto; il coinvolgimento affettivo è troppo grande per riuscire ad essere davvero imparziali.
Che cosa significa? Forse in fondo non vogliamo vederli crescere? Certo che no, tutte le mamme e tutti i papà lo desiderano, ma su un piano razionale. Accanto a questo, esiste un "luogo psichico" all'interno di ognuno, nel quale hanno spazio sentimenti che non appartengono alla sfera della razionalità ma non sono per questo meno degni di considerazione. "Per me tu sarai sempre il mio bambino": meglio di tante spiegazioni, questa frase rispecchia i sentimenti che abbiamo appena descritto. Esiste una fase dello sviluppo nella quale genitori e figli vivono in una sorta di fusione simbiotica; con la madre questa fusione c'è stata davvero durante tutta la gravidanza. Poi questo periodo finisce, ma può "sopravvivere" a livello inconscio, il luogo che custodisce le paure più profonde come i nostri desideri più intimi. Cosa fare dunque? L'unica strada percorribile consiste nell'accogliere queste emozioni ambivalenti così come ci appaiono e provare a non forzarle ma nemmeno a farsi "comandare" da loro. Un atteggiamento cedevole nei confronti di quel che proviamo è il solo capace di farci agire davvero per il bene dei figli, quali che siano le nostre decisioni.
Nell'immaginario giovanile contemporaneo, il viaggio o la vacanza senza genitori ha il medesimo significato simbolico di quello che un tempo erano i rituali di iniziazione che separavano l'infanzia dall'età adulta. Il viaggio in solitario non significa solo poter godere di una libertà a 360 gradi, mai avuta prima, è anche una prova con sé stessi. Dunque l'importanza della cosa va oltre i desideri "della superficie", pur comprensibili: divertirsi senza limiti, poter decidere dove andare, cosa mangiare, a che ora dormire...
Inutile girarci intorno: possiamo essere i genitori più aperti e libertari del mondo, ma quando nostro figlio o nostra figlia adolescente parte per la prima volta da solo, il cuore ci si riempie di preoccupazione. Non significa necessariamente che non abbiamo fiducia in loro; più spesso, non ci fidiamo del mondo che viviamo e delle sue "insidie". Che sono tante, ma in fondo non così diverse da quelle che abbiamo affrontato noi alla loro età. Detto questo, cosa è davvero utile dire e fare e cosa è bene evitare?
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