Insicuri e fragili, cerchiamo intorno a noi il sostegno, mettendo in atto comportamenti seduttivi che peggiorano le cose e ci fanno scivolare nel narcisismo...
In una società piuttosto narcisistica come la nostra, il problema del piacersi e dell’accettarsi è sempre più in primo piano. L’ondata di narcisismo rivela l’enorme bisogno di conferme relativo al valore personale, come se si fosse verificato un crollo profondo della fiducia in sé stessi. Le persone vivono con i problemi più diversi ma sempre più spesso nascondono la convinzione di non essere all’altezza. Ma all’altezza di cosa? Non si sa: c’è la diffusa sensazione di dover essere qualcosa di “elevato”, ma non è chiaro di cosa si tratti. Quel che è certo è che le persone non riescono a piacersi e così lo fingono nella "versione" grottesca del narcisismo. Oggi è tutto immediato e, grazie alla tecnologia, non richiede quasi sforzo. Sembra tutto bello, certo, ma anche pericoloso perché ci impedisce di sentirci validi, veri e fieri. La facilità in tanti ambiti spegne il senso della conquista, necessario per esprimere le forze profonde che ci abitano, e questo ci impedisce di piacerci autenticamente, di sentirci alla “nostra altezza”, cioè di coincidere con noi stessi…
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Nello stesso tempo la società ci sottopone a pressioni e a fatiche continue: le richieste di performance elevate e costanti, la precarietà del lavoro, l’indifferenza con cui molto spesso le aziende trattano i dipendenti, ci fanno sentire inadeguati e sostituibili, privi di un valore intrinseco. Come possiamo piacerci in un mondo brutto che ci abbruttisce con la sua fredda intransigenza? Ecco: qui sì che siamo eroi, a vivere in un mondo di tale cinismo. Eppure non abbiamo tempo neanche di accorgercene, perché dobbiamo andare avanti come macchine. Piacerci? Sentirci davvero all’altezza al posto che fingere e recitare una parte, l'anticamera del narcisismo? Non ce n’è il tempo. Cosa fare allora? Serve il recupero di una dimensione personale in cui non entrino né la facilità morbosa e ipercinetica della tecnologia né la fatica perversa del mondo del lavoro. Una dimensione fatta di tempi, di spazi, di stati mentali e di relazioni estranee a tutto ciò. Dobbiamo ristabilire i confini, per sentire la nostra identità e così non avremo più bisogno di “like”, perché la parte più importante di noi è tornata a vivere. E sentirsi vivi è più importante di piacersi.
Sacralità. Sacro qui significa “separato dall’ordinario” e partecipe di forze universali e naturali. Senza questo senso del sacro non puoi trovare il benessere, perché è un bisogno primario della psiche. Cerca luoghi e momenti non funzionali, intoccabili e ispirati a un senso più ampio di te stesso.
Lentezza. Per piacerti devi avere la possibilità di percepire te stesso e il tempo che stai vivendo e solo la rinuncia alla frenesia può ridartela. La lentezza, o meglio la capacità di rallentare, permette di osservare e osservarti e di apprezzare quel che fai.
Humour. Il terzo ingrediente è la disponibilità all’umorismo che non è solo un modo per ridere e fare allegria, ma uno strumento di conoscenza. Basta un semplice motto di spirito per imparare a stare nella realtà in modo equilibrato, relativizzando i tuoi pregi e difetti e facendoti sentire più sereno e meno dipendente dalle prestazioni.